Una famosa frase di Marco Aurelio recita: “Quando ti alzi il mattino pensa quale prezioso privilegio è essere vivi: respirare, pensare, provare gioia e amare”.
Basta infatti fermarsi un attimo a riflettere per rendersi conto che è proprio così!
Ma allora perché così tante persone non sono felici, non si amano, soffrono e si ammalano? Perché così tante persone, consciamente o inconsciamente, gettano la spugna?
Perché ci si rende conto di questo privilegio così prezioso che è vivere soltanto quando stiamo perdendo la salute o addirittura la vita;
perché ci rendiamo conto della bellezza e del valore dello star bene solo quando, ad esempio, sperimentiamo difficoltà o impedimenti anche di piccole proporzioni.
Aspettativa di vita
Secondo il parere di molti esperti in campo medico, la nostra vita potrebbe estendersi fino a 120 anni.
Questo perché si è calcolato che le cellule possono riprodursi soltanto un certo numero di volte (viene definito limite di Hayflick).
A dimostrazione di una propensione alla longevità si possono già annoverare un’infinità di persone che hanno vissuto bene fino oltre 100 anni.
La più famosa in Europa è la francese Jeanne Calmant che è vissuta in salute fino a 122 anni e 164 giorni.
Nel mondo l’aspettativa di vita media alla nascita è oggi di 72,6 anni.
In Europa di 78,5 anni.
Il paese al mondo con l’aspettativa di vita più alta è il Giappone (83,7 anni), seguito da Svizzera, Singapore, Australia, Spagna e Italia (82,6).
Rispetto al potenziale attuale di durata della vita di 120 anni, in Europa si lasciano quindi mediamente sul piatto mediamente 42 anni di vita da vivere.
Ma se si considerano gli anni vissuti in salute (HALE, Healthy Life Expectancy), la media europea scende a 64,7 anni.
Rifacendo bene i calcoli ciò significa che si lasciano sul piatto circa 55 anni di vita da vivere bene, in salute e godendo del prezioso privilegio di essere vivi.
Vista questa incresciosa situazione non c’è dunque da stupirsi se oggi le persone associano automaticamente la vecchiaia ad un periodo di decadenza, una sorta di penosa anticamera obbligatoria prima di lasciare la vita terrena.
Durante i miei corsi e conferenze spesso chiedo alle persone: “Chi di voi vorrebbe vivere fino a 80 anni?” In sala, buona parte delle mani si alzano.
Poi chiedo: “Chi di voi vorrebbe vivere fino a 100 anni?” Soltanto circa il 30% delle persone alzano la mano.
“Chi di voi vorrebbe vivere fino a 120 anni o oltre?” Soltanto di rado vedo mani alzate.
Socialimity: vivere limitandosi
Nella maggior parte dei casi le persone affermano: non voglio diventare longevo, soffrire ed essere di peso agli altri.
Il subconscio collettivo (che io chiamo Socialimity) genera un condizionamento tale che fa credere (senza capire) alle persone che dopo una certa età sia normale aspettarsi di andare incontro a sofferenze e malattie di ogni genere.
Ma è proprio così che deve essere? In natura la maggior parte degli animali selvatici vivono sani e vitali fino all’ultimo. Quando poi giunge il loro momento hanno un veloce crollo energetico e muoiono.
Sorte ben diversa è quella degli animali domestici, che spesso soffrono di patologie (simili a quelle dei loro padroni) di vario genere per il fatto di non vivere più secondo natura (alimentazione, movimento, ecc.).
L’uomo, apparentemente dotato di una mente intelligente, dovrebbe essere in grado di fare addirittura meglio degli animali selvatici, dovrebbe essere in grado di scegliere il meglio per se stesso e prolungare la durata della propria vita in perfetta salute fino alla fine dei suoi giorni.
A maggio 2021 ho pubblicato il libro: “Invecchiare fa paure se non sai come fare”, con l’intento di cercare delle risposte a questo dilemma.
Perché gli esseri umani, nonostante siano le forme di vita più evolute sul pianeta Terra, terminano la loro vita in modo così poco onorevole? La tesi che ho portato nel libro è che ogni cosa che esiste, compreso l’uomo, è funzionale a qualcosa.
Ad esempio il temperino è funzionale alla matita e le autostrade sono funzionali alle automobili.
Se si usassero i temperini per pulirsi le orecchie o le autostrade per coltivare le patate si farebbe una gran fatica e si andrebbe incontro a molte sofferenze.
Questo vale anche per la vita dell’uomo.
Le domande della nostra vita
Qual è la nostra vera funzione? Perché siamo stati “inventati” dal Padreterno? Qual è la nostra funzione e lo scopo delle nostre vite? Se ci rispondiamo in modo sbagliato a queste domande fondamentali corriamo il grande rischio di “usarci” in modo sbagliato, soffrire, ammalarci e non avere più voglia di vivere.
Se invece ci rispondiamo in modo corretto, vogliamo vivere da protagonisti fino alla fine, perché sappiamo a quale gioco stiamo giocando e ne conosciamo le regole.
Ma allora qual’è la vera funzione dell’essere umano? Qual è il gioco e quali sono le sue regole? Perché l’essere umano è capace di farsi queste domande? Perché può riflettere su se stesso e sull’ambiente nel quale vive? Perché, contrariamente agli altri animali, può pensare e trasformare il contesto nel quale vive modificandolo a suo piacimento?
La spiritualità
Queste domande ci portano subito a pensare oltre la materia, ci portano nel mondo della spiritualità.
Per spiritualità s’intende la comprensione del mondo come un organismo vivente, dove ogni forma di vita è dotata di un’anima, dove nulla è per caso, dove tutto è interconnesso, interdipendente e tutto ciò che esiste ha una sua logica e una sua funzione.
Quando si entra nel campo della spiritualità si entra in un terreno minato.
Esistono oggi sulla Terra oltre 30’000 differenti religioni, dottrine, credenze, sette e culti tribali e ognuna di esse cerca di dare la propria risposta alle grandi domande dell’uomo.
Nella maggior parte dei casi l’essere umano accetta e crede all’una o all’altra tesi, senza farsi grandi domande per cercare di capire veramente.
Accetta semplicemente, per tradizione o in opposizione alla tradizione, l’una o l’altra spiegazione.
Ma credere significa rinunciare a capire.
Credere è un atteggiamento mentale che alla lunga toglie potere.
Si comincia infatti con il credere che un Dio fuori da noi abbia già predeterminato il nostro destino e si finisce con il credere che sia normale terminare la propria vita soffrendo, accettando di lasciare sul piatto 55 anni di vita vissuta da protagonisti.
Socialimity ci limita ed è abilissima a mantenerci in vita da “creduloni”.
Così può continuare a propinarci miracolose ricette per la felicità.
Basta guadagnare tanti soldi, avere una bella auto, una bella casa, una vita sessuale soddisfacente e una vita sociale attiva (magari anche solo sui social) per essere persone di successo.
Alla lunga però tutto ciò non conta.
L’ultimo vestito è senza tasche.
Nel profondo della propria anima si sa che tutto ciò è effimero.
Longebility
Nulla di tutto ciò per cui si vive, seguendo i luccichii di Socialimity, rimane.
Nel libro porto la tesi che la funzione dell’uomo sia quella di sviluppare coscienza.
Porto la tesi che il mondo materiale sia destinato ad andare incontro inevitabilmente all’entropia per permettere la distillazione della coscienza.
Così come si spremono gli acini d’uva per estrarre il vino, l’uomo può consumare il suo corpo e la vita materiale per estrarre coscienza.
È un cambio di paradigma quello che propongo.
Si tratta di saltare da Socialimity a Longebility.
Longebility significa sviluppare abilità nella longevità.
Significa comprendere la funzionalità dell’uomo e vivere per “spremere” il meglio da questa vita.
Significa amare questa esperienza unica e tornare a considerarla davvero un grande privilegio che merita di essere vissuto appieno.
Ciò non significa abbandonare l’aspetto materiale della vita e ritirarsi in qualche Ashram indiano a meditare.
No, si può continuare a svolgere la vita di tutti i giorni, lavoro, famiglia, amici, soldi, vacanze, ecc.. ma considerare tutte queste attività come strumenti per sviluppare coscienza, evolvere e contribuire all’evoluzione dell’insieme e non fini a se stessi.
Chi sa a quale gioco sta giocando, conosce le regole e gli obiettivi del gioco vuole partecipare attivamente.
Vuole pertanto tenersi in forma fisica ed in perfetta salute per compiere al meglio la propria missione.
Queste sono le persone che desiderano diventare Longebility, ovvero longeve, sane, sagge e felici.
Oggi le informazioni non mancano.
Chi vuole mantenersi sano può farlo.
L’importante è sviluppare la coscienza che la propria salute ed il proprio benessere non possono essere delegati a nessuno.
Né a Dio, né a un medico o chiunque altro.
L’importante è smettere di “credere” che la salute e la longevità siano dovute alla buona genetica o alla fortuna.
Vivere la vita da protagonisti
Il nostro pianeta sta vivendo proprio in questo periodo una serie di sfide convergenti.
Il pianeta è malato di Covid 19, il surriscaldamento globale procede inarrestabile, l’aumento della popolazione mondiale è esponenziale (saremo 11 miliardi nel 2100) e le nuove tecnologie stanno sostituendo l’uomo.
Le sfide sono tante e l’uomo che ha la capacità di farsi domande e comprendere la verità sulla propria funzione può trovare rifugio sviluppando una coscienza spirituale.
All’inizio dell’articolo ho scritto del fatto che spesso ci si rende conto del valore della salute e del benessere proprio quando viene meno oppure quando incontriamo qualcuno senza braccia e gambe, ecco che allora questa convergenza di crisi e sfide per il nostro pianeta può essere la molla per una nuova consapevolezza.
Può essere la molla per farci scattare velocemente verso Longebility.
Verso la comprensione che tutto ciò che facciamo serve all’evoluzione personale e collettiva.
Nel libro “Invecchiare fa paure se non sai come fare” spiego che gli anziani ed i vecchi avranno un ruolo fondamentale nello sviluppo di questa nuova coscienza planetaria perché saranno presto la maggior parte della popolazione mondiale.
Gli anziani e i vecchi Longebility, sani, saggi e felici, potranno diventare una risorsa per il pianeta e per l’umanità.
Se così non fosse sarebbero invece relegati a diventare un peso sociale insopportabile.
Siamo dunque all’inizio di una possibile nuova era dove può nascere una nuova specie di essere umano, con una coscienza più evoluta, responsabile per il proprio benessere e quello dell’ambiente nel quale vive.
Enzo Parianotti